La sua singolare avventura è iniziata come risposta a un’inquietudine, a un bisogno di conoscere senza mediazioni, alla speranza di condividere in qualche modo la fatica di vivere di una parte dell’umanità che
Così lui e sua moglie, spinti dal cuore più che dalla ragione, hanno sentito il bisogno irresistibile di lanciare un appassionato “S.O.S. Chiapas” che presto, grazie al riscontro positivo di tanta persone sensibili, ha dato vita ad un vero e proprio progetto di solidarietà: costruire un piccolo ospedale sulle montagne dei Maya, per allentare le durezze della loro povera vita. Come? Raccogliendo dei fondi e portandoli anno per anno personalmente a un’associazione missionaria del Messico che opera su quel territorio. Concerti, mostre mercato, spettacoli teatrali, tornei di burraco, dibattiti nelle scuole e donazioni individuali in questi anni hanno già reso possibile che una prima parte del progetto prendesse forma. Il terreno per edificare, le fondamenta della struttura, la cisterna per l’acqua, la rampa d’accesso lasciano già intravedere ciò che sta nascendo, il sogno che si sta realizzando… Ma le risorse sono esigue, i tempi previsti paiono terribilmente lunghi e forse bisogna cercare modi nuovi per conseguire più rapidamente il risultato finale.
Ecco che, trasferire la sua coinvolgente esperienza umana in un lavoro teatrale, a Franco è sembrato un possibile modo nuovo con cui provare a coinvolgere la gente e dare impulso alla realizzazione del progetto. L’hanno aiutato i suoi appunti di viaggio e la sua voglia di andare sino in fondo. Poi, come con un “messaggio in una bottiglia”, ha affidato il tutto all’interpretazione appassionata di sua moglie Rosa Campanelli, attrice amatoriale che instancabile lo affianca nell’esperienza, e alla regia dell’amico Michele Regina e l’ha inviato fiducioso… alla gente di buona volontà.
Domenica 26 marzo è toccato a Sannicandro ricevere quel “messaggio”, nell’atmosfera suggestiva del suo restaurato Castello Normanno. Nella sua sala più bella, per oltre un’ora, musiche immagini e parole vibranti hanno raccontato la realtà dura ma affascinante di alcune comunità Maya di lingua Tzeltal a un pubblico attento e partecipe, tra cui il Sindaco e l’Assessore alla Cultura di Sannicandro, massimi rappresentanti dell’amministrazione che ha patrocinato l’iniziativa.
“Questa è una terra che ancora non conosco”, dice il testo teatrale, “ma mi affascina davvero. Mi attira e al tempo stesso mi inquieta. Tra queste montagne dove nuvole, nebbia e sole si contendono quotidianamente il cielo, avverto la presenza di un mondo sospeso – incantato? – in cui il tempo si è fermato e di un vortice intorno che non l’ha ancora risucchiato”. “Il vortice” a cui si riferisce l’autore è quello della Storia che pretende di assimilare tutto in un’unica realtà disincantata e oppressiva, o che esige di stritolare e omologare tutto “come un grande tritacarne”, togliendo identità, speranza e persino l’anima a tutti. Davanti alla drammatica emergenza che questo popolo incalzato dalla modernità si trova oggi a vivere, Franco e Rosa e ognuno di quelli che hanno capito si sono mobilitati per questo progetto perché si sono detti: “Io devo fare qualcosa! E devo farlo adesso!”. Perché hanno creduto che "anche il mondo così straziato e disorientato com’è quello di oggi, può avere un futuro” e hanno portato “i propri mattoni per provare a costruirlo questo futuro, anche a
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